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Saluto


Benvenuti nel Blog di una Pisana e un Maremmano.

Certo questo non e' un grande Blog di cucina e forse queste non saranno neppure le nostre migliori ricette ma, è che ne sono un esempio o quanto meno, vogliono farvi conoscere i piatti che insieme ci hanno appassionato. Accettate come un augurio questa semplice raccolta che non ha alcuna pretesa.

mercoledì 21 novembre 2012

Storia e tradizioni della cucina maremmana



Storia della cucina Grossetana e maremmana.


La storia della cucina della città di Grosseto e della Maremma grossetana è strettamente legata, oltre alla miseria endemica che si è protratta in questa terra per vari secoli (cantata con le parole del famoso canto popolare Maremma amara) e testimoniata dalla povertà di certi piatti.

Questa miseria è testimoniata anche dallo scrittore Renato Fucini che con lo pseudonimo Neri Tanfucio così narra parlando dei lavoratori che andavano a bonificare in Maremma:
«quelli di origine toscana si distinguevano facilmente dagli altri perché il capofamiglia portava a tracolla, legato con lo spago, un conditoio e teneva ben stretto nella mano un sacchettino di fagioli!».

Il conditoio era un osso di prosciutto itinerante. Per dare un po' di sapore a minestre e minestroni privi di condimento, si usava mettere nel pentolone un osso di prosciutto che però era di difficile reperimento. Così si usava passarlo di casa in casa, di pentola in pentola con lo spirito di solidarietà che talvolta nasce dalla grande povertà.

I piatti più vecchi della cucina sia grossetana che maremmana sono semplicissimi e affidano la loro gradevolezza alle erbe aromatiche, alla cottura lenta e prolungata, alla capacità di cucinare gli animali da cortile, e all'uso diffuso dei funghi di cui la zona è ricchissima.

In queste campagne il pasto più importante era in genere la prima colazione che non si faceva appena alzati ma dopo aver sistemato gli animali se si era in inverno, e dopo le otto durante la bella stagione nei campi (soprattutto durante la mietitura e la fienagione).

Talvolta veniva consumata una tazza di orzata (caffè d’orzo) con un po’ di pane tostato. La colazione vera e propria consisteva invece in qualche intingolo dove si inzuppava del pane o, più frequentemente, l’immancabile polenta dolce fatta con la farina di castagne.

In estate era frequente la frittata, magari con gli zucchini, oppure rifatta in umido e dopo aver trascorso qualche ora a mietere o a raccattar covoni queste colazioni fatte all’ombra di una quercia diventavano a dir poco meravigliose.

Il pranzo era in genere molto frugale e spesso veniva consumato nei campi mangiando un pezzo di pane con del formaggio o dei salumi fatti in casa. L’alternativa era la solita polenta di mais o di castagne, oppure la famosa acquacotta che era completamente diversa da quella che oggi troviamo in tutti i ristoranti maremmani (una zuppa molto ricca di verdure e magari insaporita anche con il dado).

La vera acquacotta era quella con i “pesciolini”, come diceva molti anni fa una vecchia signora di Roccalbegna, cioè pochi pezzetti di cipolla che navigavano nel mare d’acqua della padella di ferro.

In estate, essendo le giornate molto lunghe, dopo le diciassette, si consumava il ”merendino” in genere costituito dalla panzanella, anche questo un piatto molto povero (oggi arricchito). Nelle lunghe sere invernali, in attesa della cena e tanto per riempirsi lo stomaco con qualcosa di caldo, si usava mettere a lessare nel paiolo di rame, un misto di castagne, patate e pere “sementine” (volpine).

La cena infine consisteva o nella solita polenta, spesso di castagne, che soprattutto nelle famiglie più povere veniva strofinata ad un’aringa tenuta legata con un filo ad una trave (li lasciata fino a che non si era consumata), oppure in qualche zuppa di pane o minestroni vari.

Una minestra particolare erano i tagliatini con le “sorti”, cioè con dei pezzetti di pancetta che, sempre troppo pochi per tutti i commensali, erano assegnati nel fare le razioni dalla buona sorte.
  

Alimentazione tradizionale 

Alcuni piatti tipici e curiosità della cucina tradizionale maremmana

Cucinare facendo uso del ricettario contadino può significare anche cercar di capire e ripercorrere il rapporto che l’uomo ha avuto con i cicli produttivi della terra, con le condizioni ambientali, con la stagione e con le proprie credenze e superstizioni religiose

Nella cultura contadina la religione ha influenzato spesso le regole alimentari affermando principi di divieto della carne (la vigilia del venerdì o il periodo della Quaresima, la vigilia di Pentecoste e di Natale); tuttavia in altri momenti di festa si sono associati piatti tipici (soprattutto dolci) che hanno segnato il carattere della ricorrenza con un cibo particolare.

Ecco alcuni momenti del calendario folckorico legato alle usanze alimentari:

6 Gennaio: a Buriano troviamo le Melatelle (biscotti fatti in occasione della Befana)


10 Gennaio: a Vetulonia si fanno le Cialde di San Guglielmo

A carnevale: diffusi un po’ dovunque gli strufoli o cenci o crogetti.

Il giorno dell’Ascensione si usava regalare il latte. C’era infatti la credenza che il latte in quel giorno non cagliasse e quindi non si poteva fare il formaggio (in Maremma detto cacio).

19 Marzo: vengono fatte, un po’ in tutta la provincia, le frittelle di San Giuseppe a base di riso, in particolare a Pitigliano sono associate alla ‘Torciata di San Giuseppe’: uno dei riti primaverili del fuoco ancora presenti in Maremma.

23 Aprile - San Giorgio: a Montorgiali si fanno i Biscotti di San Giorgio

Periodo di Natale: a Pitigliano si fanno gli “Sfratti”, mentre a Porto S. Stefano la “Pagnottella” di Natale.

Le “Vecchiarelle” (fatte con le castagne secche bollite) si usava mangiarle la sera della vigilia di Natale per non “guastare” la vigilia di carne.

Naturalmente le feste erano caratterizzate dalla tavola imbandita d’ogni ben di Dio. Nelle grandi ricorrenze le massaie si davano un gran daffare a preparare dolci, sfoglie fatte a mano e succulenti sughi di carne.

Anche nel mangiare di tutti i giorni si trovano, nella cucina tradizionale, piatti ed usi alimentari che hanno finito per caratterizzare la terra maremmana.

Occorre un pizzico di fantasia per ritrovare negli usi alimentari del mondo tradizionale il profumo, il sapore, il gusto di una pietanza che è nata e si è affermata prima di tutto per necessità, per esperienza e per una pratica del cucinare facendo uso delle cose disponibili.

Nelle pagine che seguono si riportano alcune ricette e curiosità recuperate dalla memoria di uomini e donne (soprattutto massaie), che ci hanno permesso di “gustare” il ricordo di una pietanza ed il racconto dei sapori di una volta che nel caso della cucina contadina richiamano la genuinità di certi piatti prodotti in economia (fatti con poche cose) ma spesso originali e assai gustosi.

Si tenga conto che in cucina le massaie usano la pratica “basandosi all’assaggio”, per questo spesso non vengono indicate le dosi esatte degli ingredienti


Testo preso da: 

© 2010 Comune di Grosseto - Archivio delle Tradizioni Popolari della Maremma Grossetana


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